Il rifiuto umanitario volontario

Il rifiuto umanitario volontario

Manifesto della campagna per fermare i programmi di rimpatrio “volontario” dai Paesi di transito

Organizzato da: ASGI, ActionAid, A Buon Diritto, Lucha y siesta, Differenza Donna, Spazi Circolari, Le Carbet

Una scelta che non si può rifiutare

Le organizzazioni firmatarie denunciano l’uso strumentale e distorto dei rimpatri volontari assistiti dai Paesi di transito, come Libia e Tunisia, dove i diritti fondamentali delle persone in movimento sono sistematicamente violati. In questi contesti, il cosiddetto rimpatrio volontario non è una libera scelta ma l’ultimo ricorso dovuto all’assenza di alternative sicure, trasformandosi di fatto in un’espulsione mascherata. Invece di fornire protezione, l’Unione europea e i suoi Stati membri finanziano programmi che riportano le persone nei Paesi da cui sono fuggite, esponendole ancora una volta alla violenza e alla discriminazione.

Quando un ritorno può essere veramente volontario?

Secondo gli organismi delle Nazioni Unite, come il Relatore Speciale sui Diritti Umani dei Migranti e l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR), affinché un rimpatrio possa essere considerato volontario, è fondamentale che:

  • La decisione sia libera e informata.
  • Non ci sia coercizione fisica o psicologica.
  • Esistano alternative reali al rimpatrio, come l’accesso alla protezione e a canali migratori regolari.

Tuttavia, in Paesi di transito come la Libia e la Tunisia, queste condizioni sono sistematicamente assenti. I persone in movimento sono costrette a ricorrere al rimpatrio per sfuggire a situazioni di violenza, tortura e sfruttamento, non per libera scelta. Non potendo accedere a forme di protezione legale o a canali migratori regolari, il ritorno diventa una necessità imposta, che espone le persone a rischi ancora maggiori nei Paesi di origine.

La realtà che denunciamo:

  • Protezione solo sulla carta, mentre di fatto si effettua controllo dei flussi migratori: Questi programmi, sempre più finanziati dall’UE e dai suoi Stati membri e attuati dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) nei Paesi di transito, sono spesso parte di politiche di esternalizzazione delle frontiere volte a impedire alle persone di raggiungere l’Europa piuttosto che a garantirne la protezione.
  • Condizioni drammatiche nei Paesi di transito: Libia e Tunisia sono luoghi in cui i migranti sono sistematicamente sottoposti a violenza, sfruttamento, abusi e xenofobia. Le autorità di questi Paesi, finanziate dall’UE, sono direttamente responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, eppure l’UE continua a sostenere finanziariamente questi governi.
  • Falsa volontarietà e violazione del principio di non respingimento: In Libia e Tunisia, le persone in movimento sono spesso costrette a ricorrere al rimpatrio per sfuggire a persecuzioni e violenze e per la mancanza di canali legali di migrazione e protezione. Il ritorno non è mai una vera scelta, ma una necessità forzata dettata dalle circostanze. Inoltre, il ritorno nei Paesi d’origine espone le persone a violenze e persecuzioni, in violazione del principio di non respingimento.
  • Mancanza di garanzie: Nonostante questi rischi siano stati denunciati da numerose organizzazioni della società civile e dalle stesse Nazioni Unite, l’UE e i suoi Stati membri continuano a finanziare questi programmi senza richiedere adeguate garanzie di rispetto del principio di non respingimento.
  • Inadeguatezza dei programmi di reinserimento: I programmi di reinserimento, quando vengono forniti, sono generalmente inadeguati a proteggere gli individui dai rischi associati al ritorno in contesti di discriminazione e violenza sistemica. In tali situazioni, il sostegno individuale, spesso limitato a quello economico, non è sufficiente ad affrontare i rischi di violenza ed emarginazione.

Cosa chiediamo:

  • La fine dei finanziamenti per i programmi di rimpatrio volontario dai Paesi di transito: Chiediamo l’immediata cessazione dei finanziamenti per i programmi di rimpatrio volontario da Paesi come la Libia e la Tunisia, dove il rimpatrio diventa una scelta imposta, violando il principio di non respingimento.
  • Libertà di movimento e politiche di protezione, non esternalizzazione: Chiediamo di porre fine alle cooperazioni basate su politiche di deterrenza e di blocco della mobilità, per consentire la libera circolazione e l’esercizio autentico del diritto di lasciare il proprio Paese in cerca di protezione, nel pieno rispetto del diritto d’asilo.
  • La fine degli accordi e dei finanziamenti volti a impedire alle persone in movimento di raggiungere l’Europa: Chiediamo l’immediata sospensione di accordi e finanziamenti volti a bloccare la migrazione verso l’Europa, a limitare la mobilità nei Paesi di transito o a reindirizzare la migrazione verso i Paesi di origine. Chiediamo l’adozione di politiche di protezione attiva, che garantiscano la possibilità di entrare in Europa alle persone in fuga da violenze e persecuzioni in Libia, Tunisia e nei loro Paesi di origine.
  • Maggiore trasparenza, garanzie e monitoraggio dei diritti umani: Chiediamo maggiore trasparenza nei progetti finanziati con fondi pubblici, l’istituzione di meccanismi di monitoraggio indipendenti e garanzie sul rispetto dei diritti umani, a partire dal principio del consenso libero e informato.

La campagna è già sottoscritta da questo elenco di organizzazioni.