From the Mediterranean to Ventimiglia: in memory of the martyrs for freedom of movement

Dal Mediterraneo a Ventimiglia: in memoria dellx martiri per la libertà di movimento

Come collettivo MEM.MED Memoria Mediterranea a Gruppo di solidali di Ventimiglia facciamo eco e sosteniamo la lotta delle famiglie che esigono verità e giustizia. 

Rilanciamo oggi l’appello scritto collettivamente a giugno 2025 da madri, sorelle e familiari di persone morte o scomparse a causa della frontiera, affinché la loro voce e le loro storie di rabbia, dolore e amore, ma anche silenzi e abbandoni istituzionali, si innalzi alta e potente contro i confini. Perché queste storie rappresentano migliaia di violenze che si consumano ogni giorno alle frontiere. 

Questo appello acquista oggi ancora più potenza, di fronte all’ennesima strage di stato avvenuta il 13 agosto 2025 a largo delle coste di Lampedusa, a cui sono sopravvissute 60 persone ma 23 hanno perso la vita e più di 15 sono ad oggi disperse.  

In loro ricordo e in ricordo di coloro che sono mortx o scomparsx in mare, e in tutti gli altri luoghi di privazione,  detenzione e confinamento dove trova applicazione il regime razzista e coloniale delle frontiere. Perché la lotta per la libertà di movimento si radica nella memoria dei nomi, delle storie, delle vite, dei sogni e del desiderio di libertà di coloro che vengono chiamatx “migrantx”.  Sono madri, sorelle e familiari a portare avanti questa lotta e a rivendicare che i loro carx non sono mortx o scomparx per niente, ma sono martiri per la libertà di movimento.   

APPELLO ALLE AUTORITA’ ITALIANE, EUROPEE, INTERNAZIONALI e alla SOCIETA’ CIVILE
di MADRI, SORELLE E FAMILIARI DI PERSONE MORTE e DISPERSE AI CONFINI


Noi, madri, sorelle e familiari di persone scomparse o decedute nel tentativo di attraversare il Mediterraneo e altre zone di frontiera e confinamento come CPR e Hotspot, uniamo le nostre voci in questo appello urgente alla verità, alla giustizia e alla memoria. Le politiche migratorie attuali trasformano il diritto alla circolazione in una sentenza di morte per chi vive a sud del Mediterraneo. Con questo testo vogliamo esprimere la nostra condanna verso questo sistema e presentare le nostre richieste a coloro che hanno il potere e il dovere di risponderne”

Esigiamo verità e giustizia per chi ha perso la vita o è scomparso nelle zone di frontiera

In particolare, chiediamo:

  • Riconoscimento delle madri, sorelle, padri, fratelli e famiglie delle persone scomparse che devono essere ascoltate e informate, trattate con rispetto, non ignorate né ostacolate o criminalizzate dagli Stati, dalle Ambasciate  e dagli organismi internazionali
  • Facilitare l’accesso alla ricerca dei propri cari da parte delle famiglie, in particolare l’accesso alle procedure di identificazione dei corpi, anche tramite test del DNA, nei paesi di origine e in quelli europei
  • Garanzia di restituzione delle salme delle vittime ai familiari e, ove richiesto, di rimpatrio delle stesse nei Paesi di origine, a carico degli Stati. Garanzia di sepoltura delle salme nei luoghi designati dai familiari, in Europa o nei Paesi di origine.
  • Accesso dei familiari in Europa e nei luoghi di confine, di detenzione, di morte e sparizione per cercare i propri cari, per partecipare ai processi e per celebrare i funerali dei congiunti nei luoghi di sepoltura lontana dalla terra di appartenenza. Facilitazione del rilascio di visti, tramite intermediazione delle ambasciate e dei consolati, a tutti quei familiari delle persone sepolte in Italia a seguito di un naufragio in mare e morte di frontiera, per consentire omaggio, memoria e preghiera sulle tombe dei propri cari nei cimiteri italiani ed europei.
  • Indagini indipendenti sulle morti in circostanze di naufragi, omissioni di soccorso in mare, morti nei CPR, negli hotspot e nelle zone di confine e identificazione
  • Accesso ai fascicoli delle indagini da parte di famiglie e avvocati relativi a decessi, scomparse e inchieste delle autorità competenti italiane, europee e consolari sulle stragi in mare e sulle morti in frontiera
  • Condanna dei responsabili delle omissioni di soccorso, delle mancate ricerche dei dispersi, delle negligenze e degli abusi che avvengono nei luoghi di confinamento come i CPR e gli Hotspot, riconoscendo in maniera chiara le responsabilità degli Stati 
  • Riconoscimento ufficiale delle ragioni di queste morti, delle vittime e delle loro famiglie, per la riparazione del danno morale e psicologico e la non ripetizione
  • Memoria per tutti i morti di frontiera, sepoltura degna e rispettosa dei credo religiosi della persona deceduta e della famiglia
  • Fine delle politiche di respingimento, contenimento e violenze in mare, con il coinvolgimento delle Guardie Costiere tunisine e libiche e dell’agenzia europea Frontex, che provocano morti e sparizioni di persone per poi nascondere e negare queste violenze davanti alla legge, agli Stati, alle persone sopravvissute, alle famiglie e alla società civile. Chiediamo di garantire il soccorso in mare per le imbarcazioni in difficoltà.
  • Implementazione di politiche migratorie basate sui diritti umani e su canali d’ingresso sicuri che permettano di viaggiare senza pericoli; Apertura delle frontiere e fine del sistema dei visti per viaggiare.
  • Abolizione dei CPR e di tutti i luoghi di confinamento e privazione della libertà, fine della detenzione amministrativa che criminalizza e uccide chi si muove, che reprime la libertà e la dignità umana 

Le nostre figlie e figli, sorelle e fratelli non erano criminali, ma persone in cerca di vita, lavoro, libertà, felicità, realizzazione. La loro memoria non sarà cancellata: continueremo a lottare finché non otterremo verità e rispetto. Chiediamo che sia riconosciuto il nostro dolore e che le istituzioni non criminalizzino noi e i nostri figli ma si assumano la responsabilità morale e giuridica per quanto accade ai confini europei.
Queste richieste non sono solo nostre: parlano a nome di altre famiglie che vivono nel lutto, nel dolore, nel silenzio e nell’abbandono istituzionale. Parliamo in nome della dignità umana e per i nostri figli e figlie in vita alle quali garantire un futuro diverso. La storia giudicherà chi ha saputo guardare in faccia l’ingiustizia e chi l’ha ignorata.
Queste persone non sono morte per niente. Sono martiri per la libertà di movimento. 


Con questo appello confidiamo che le autorità italiane, europee, internazionali e la società civile ci ascoltino e prendano in seria considerazione le nostre richieste.